Lex pro domo sua…come muoversi ad arte ed innescare provvedimenti a proprio gusto ed interesse. Con riferimento alle grandi manovre sul DDL n. 2085
Oh mia bella Italia, sin dalle lontani radici culla dei poteri forti e del fregolismo. Fregolismo è un termine con chiari ed innegabili richiami al famoso attore di varietà Leopoldo Fregoli, nato a Roma nel 1867, che iniziò la sua carriera come prestigiatore per poi divenire il più leggendario artista del trasformismo teatrale. Il parallelismo con la nostra classe politica è appropriato come mai! Noi italiani viviamo, purtroppo, nell’illusione di essere al centro del mondo, di rappresentarne la cultura che fu, di primeggiare grazie alle doti di creatività, del saper vivere, del buon cibo e del saper prospettare a terzi il nostro presunto modello virtuoso della famiglia e del convivere. In realtà, siamo solo i rappresentanti-discepoli di un personaggio illustramente portato alla ribalta dal fantastico attore, Paolo Villaggio, che con visione prospettica e innovativa aveva sapientemente – in tempi non sospetti – evidenziato con modalità umoristiche l’essenza della matrice italica. E’ sufficiente oltrepassare i confini nazionali, relazionarsi con altre popolazioni per comprendere che, in questo mondo globalizzato, siamo solo ed esclusivamente una provincia senza espressione di potere decisionale. Il mondo mediatico nazionale ha come ordine del giorno il diktat di illuderci dell’incontrario, che siamo belli, fichi, intelligenti e internazionalmente capaci. Purtroppo, nostro malgrado, ciò non corrisponde alla realtà dei fatti. La classe politica, fregolismo nativo, ha come obiettivo primario il “galleggiamento”, non importa dove e verso quale sponda, importante è rimanere a galla. Ciò comporta la prostituzione politica e l’attuazione di provvedimenti e leggi quasi sempre scellerati e senza una convergenza verso la vita reale e soprattutto contro gli interessi di chi invece questo paese lo subisce e lo patisce in maniera forte e vessatoria. Chi siamo? Dove siamo? Cosa vogliamo? In quale direzione dobbiamo muoverci? Siamo diventati un popolo senza risposte, forse anche senza domande ma soprattutto senza guida e credibilità. Se facciamo un bilancio cosa ci rimane? Forse un micro tessuto apparentemente ancora sano che nell’intento quotidiano ripone al primo posto il concetto del lavoro, del fare, lottare, continuare e non arrendersi. Parliamo del tessuto sociale caratterizzato dall’artigiano, dal piccolo-medio imprenditore che tira la carretta e stringe come mai la cinghia. Questo è il perimetro sano, quello che – unitamente alla forza lavorativa effettiva (non pubblica) – versa nelle casse di questo stato di cui non ci fidiamo, né quantomeno ci sentiamo rappresentati, la reale benzina per permettere a tutti la sopravvivenza nazionale. Allora noi tutti piccoli-medi imprenditori, artigiani, dobbiamo convergere le nostre energie e dobbiamo pretendere dalle associazioni di categorie e dalle istituzioni imprenditoriali deputate alla tutela dei nostri interessi, di operare al meglio e di convergere e concertare unitamente ed indipendentemente dalle diversità di appartenenza e di colore, perché il futuro nostro, delle nostre aziende e delle nostre famiglie deve ritornare a primeggiare rispetto a tutto il resto. Nel contempo, i piccoli-medi imprenditori ed artigiani devono supportare al meglio le associazioni di categoria, aiutandole nel quotidiano e nelle attività territoriali, rimanendo uniti e senza disaggregazione alcuna. Il collega imprenditore -artigiano non è il nemico da combattere ma il collega con il quale, pur rimanendo in concorrenza, condividere obiettivi strategici di categoria. Diversamente la strada del tramonto, già imboccata da tempo, potrà condurre solo verso un declino irreversibile.
Fortunato di Martino
Il direttore responsabile
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