Ghosn resta tuttavia AD per “rispetto della presunzione di innocenza”.
Dopo le voci degli ultimi due giorni sul possibile giro di vite per i candidati al titolo provvisorio di direzione esecutiva del Gruppo, questa mattina il CdA di Renault ha dunque fatto il nome del numero due del gruppo, Bolloré, che dal momento della nomina disporrà degli <<stessi poteri>> di Ghosn, <<al momento impossibilitato>> a garantire la guida del colosso automobilistico francese.
<<Il Consiglio di amministrazione di Renault>> si riporta il comunicato diffuso al termine del cda <<si è riunito sotto la presidenza di Philippe Lagayette, Lead indipendent director (ndt: rappresentante degli amministratori indipendenti), dopo l’apertura della procedura giudiziaria nei confronti di Carlos Ghosn in Giappone. In questa fase, il Consiglio non è in grado di pronunciarsi sugli elementi di cui apparentemente dispongono Nissan e le autorità giudiziarie giapponesi nei confronti di Carlos Ghosn.
Ghosn, temporaneamente impossibilitato, resta Presidente-Direttore generale. Il Consiglio di amministrazione ha nominato a titolo provvisorio Thierry Bolloré, Direttore Generale Delegato. In tale funzione, Thierry Bolloré eserciterà la direzione esecutiva del Gruppo, disponendo così degli stessi poteri di Carlos Ghosn.
Il Consiglio ha deciso, inoltre, di chiedere a Nissan, appellandosi ai principi di trasparenza, fiducia e rispetto reciproco sanciti dalla Carta dell’Alleanza, di trasmettergli tutte le informazioni in suo possesso provenienti dalle inchieste interne di cui è stato oggetto Carlos Ghosn.>>
La vicenda che riguarda Ghosn, tuttavia, resta ancora particolarmente oscura: delle accuse inizialmente mosse all’ex numero uno di Renault e Nissan, ora sembra decadere l’ipotesi di evasione fiscale sia in Giappone che in Francia.
Il tribunale di Tokyo ha tuttavia esteso di altri 10 giorni il fermo di Carols Ghosn e dell’altro dirigente statunitense, Greg Kelly, arrestato assieme a Ghosn con lo stesso tipo di incriminazioni, per <<ripetute manifestazioni di cattiva condotta>> traducibili in due accuse: in primo luogo spicca una violazione della legge finanziaria giapponese, emersa nel corso di un’indagine interna che la stessa Nissan porterebbe avanti da mesi; quindi, vi sarebbero le spese folli e inspiegabili che l’ormai ex direttore esecutivo avrebbe svolto a carico dell’azienda giapponese.
Per quanto riguarda la prima accusa, dalle indagini interne al gruppo, riportate dalla Nikkei Asian Review, sarebbe emerso che nel corso di cinque anni fino a marzo del 2015, dunque, Ghosn avrebbe guadagnato circa 89 milioni di dollari, ma avrebbe fatto riportare ufficialmente alle autorità di Borsa solo metà della cifra, occultando tutta una serie di bonus legati all’apprezzamento del titolo in Borsa. Eppure Nissan, una società con bilanci pubblici soggetti a audit, presenta anche un direttore finanziario e un comitato remunerazioni all’interno del board, quindi è difficile credere che la responsabilità di un’informativa scorretta possa ricadere soltanto su Ghosn.
Per quanto riguarda le spese che Ghosn avrebbe messo in conto a Nissan, invece, sembrerebbe che una società di diritto olandese, creata nel 2010 a scopo di investimenti in start-up e finanziata da Nissan con 6 miliardi di yen (circa 54 milioni di dollari), avrebbe pagato 17,8 milioni di dollari per un appartamento di lusso carioca e per una villa nella capitale libanese, dove Nissan non ha alcuna attività, ma Ghosn ha fatto le scuole. Inoltre, le spese per la gestione delle abitazioni a disposizione personale di Ghosn avrebbero superato i 2 miliardi di yen.
Ma quella in Libano non sarebbe l’unica dimora di lusso di proprietà di Ghosn finanziata da Nissan: in ben quattro Paesi del Mondo, tra cui anche Rio de Janeiro, in cui l’azienda non avrebbe avuto alcun tipo di interessi, secondo le indiscrezioni filtrate il 20 novembre, Ghosn avrebbe comprato case di lusso, con la complicità di Greg Kelly, il dirigente che supervisionava le sue spese.
Al di là delle evidenti mancanze e illegalità di Ghosn come direttore esecutivo, l’aspetto tuttavia curioso è che Nissan abbia deciso di rendere noti alle autorità i risultati di un’indagine interna, che andava avanti da mesi, proprio a cavallo di un vertice convocato appositamente per rimuoverlo dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione: la scelta era stata giudicata rischiosa, tanto che Standard & Poor’s ha messo sotto osservazione il rating (ad oggi A), ipotizzando <<danni d’immagine del brand sufficienti a ridurre la redditività nel 2018 e nel 2019, a deprimere le vendite o a nuocere all’alleanza con Mistubishi e Renault.>>
Ma perché rimuoverlo dal ruolo di presidente prima dello scandalo? Ghosn aveva dichiarato che la priorità, per i suoi ultimi quattro anni al vertice, era cementare l’alleanza tra Renault e Nissan, fino a renderla “irreversibile”. In pratica, quello che nelle due aziende si temeva era una possibile fusione.
Solo che rispetto al 1999, quando l’intreccio azionario fu creato, i rapporti di forza si sono ormai rovesciati: Nissan non è più sull’orlo della bancarotta come allora, quando il 43% del suo capitale fu concesso ai francesi in cambio di una partecipazione di Renault al 15 e senza diritto di voto; oggi, grazie alla cura Ghosn, è la casa giapponese il ramo più profittevole del gruppo, un fiore all’occhiello che l’establishment giapponese non vuole assolutamente dover condividere.
Quanto alla Francia, i rapporti del manager con il governo Macron, azionista di riferimento di Renault, sono tutt’altro che idilliaci, al punto che al recente rinnovo gli era stato affiancato come erede designato Thierry Bolloré.
Da una parte e dall’altra, comunque, si ribadisce che l’alleanza non è in pericolo: certo è che, con l’uscita di scena di Ghosn, se ne va il suo pilastro fondamentale.