Registrano un + 31% le vetture ad alimentazione alternativa vendute in tutta Europa nei primi nove mesi del 2018: nel complessivo del 2017, con un 39% in più rispetto all’anno precedente, le vetture ad alimentazione alternativa sono state 953.355, mentre nei soli primi nove mesi di quest’anno l’ACEA ha registrato 917.759 vetture, da suddividersi tra 273.702 auto elettriche di cui 132.944 a batteria (incluso fuel cell) e 140.758 ibride plug-in (incluso extended range), 459.825 ibride (mild&full) e 184.232 auto a gas (gas naturale, GPL, E85).
Il nostro Paese ha registrato 196 mila auto ad alimentazione alternativa, confermandosi tra i più ecofriendly in Europa, dopo Norvegia, Finlandia e Svezia, nonostante l’elettrico stenti a decollare sia nei numeri che nelle infrastrutture. Nel periodo gennaio/settembre 2018, l’Italia figura addirittura al primo posto tra i primi 10 mercati ad alimentazione alternativa in UE/EFTA, di cui rappresenta il 21,4% del mercato, staccando nettamente Germania (14,8%), UK (12,5%), Francia (10,8%) e Spagna (8,6%) grazie alle vendite di auto a gas: il nostro Paese, infatti, resta in prima posizione nella classifica europea delle auto a gas, il 70% di quota sul totale delle auto a gas vendute nell’UE+Efta, pur perdendo 10 punti di quota rispetto a gennaio-settembre 2017: con 128.819 auto a gas sono state immatricolate quest’anno, un volume superiore a quello di un anno fa del 5,1%.
All’interno dell’Europa, la UE15 ha visto una crescita del mercato delle auto ad alimentazione alternativa del 34% con oltre 788 mila immatricolazioni, e rappresenta circa l’86% del mercato europeo delle auto ecofriendly; nell’area dei nuovi Paesi membri, la crescita del mercato ad alimentazione alternativa è del 31% (49 mila nuove registrazioni), con una rappresentanza di appena il 5% del mercato; nell’area EFTA, infine, il mercato delle auto ecofriendly aumenta del 12%, con 80 mila nuove registrazioni, e il 9% del mercato (era il 10% un anno fa).
Tra i paesi si registrano inoltre differenze notevoli tra i tipi di alimentazione alternativa maggiormente scelti: se in Norvegia si tratta soprattutto di auto elettriche (l’80% delle auto ad alimentazione alternativa), la Finlandia registra una maggioranza di auto ibride tradizionali (63%) ed elettriche (30%), un trend completamente inverso rispetto alla Svezia, dove predominano auto elettriche (51%) e ibride tradizionali (40%); l’Italia immatricola perlopiù nuove auto a gas (66%) e ibride tradizionali (31%), i Paesi Bassi invece auto elettriche (48,5%) ed ibride tradizionali (46,5%), mentre Spagna e la Lituania quasi solamente auto ibride tradizionali (rispettivamente 72% e 96%).
Il mercato elettrico in particolare ha visto un aumento significativo delle proprie dimensioni: nell’area UE/EFTA, a gennaio-settembre 1 auto ogni 45 immatricolate è elettrica (ECV), valore che sale a 1 auto ogni 55 immatricolate se si esclude l’area EFTA, che da sola vede un rapporto di 1 vettura ECV su 6 immatricolate; per quanto riguarda le aree UE15 e UE Nuovi Membri, il rapporto è rispettivamente di 1 auto ECV ogni 51, e 1 auto ECV ogni 225 immatricolate
Il paese leader per quanto riguarda le vendite di auto elettriche è la Norvegia (1 auto ogni 2,1 immatricolate sul mercato totale nazionale) con 52.038 nuove registrazioni nei primi 9 mesi 2018 (+21%), e rappresenta il 19% del mercato europeo ECV. Nel mese di settembre, per la prima volta, quasi la metà delle vetture vendute è stata elettrica, un volume tanto grande che le emissioni registrate sono appena 55 g/km (-16 g/km su settembre 2017), il livello più basso mai misurato, complici anche i più severi metodi di misurazione e valutazione delle emissioni, WLTP: secondo i nuovi criteri introdotti, ad un aumento delle emissioni, aumentano anche le tasse da pagare, che non risparmiano nemmeno gli ibridi ricaricabili (+3 g/km per le auto a benzina e ibride a benzina, +4 g/km per auto diesel e ibride diesel a settembre 2018).
Segue la Svezia, con un rapporto di 1 auto ECV ogni 14), anche se tuttavia è solo quinta per nuove immatricolazioni, che si fermano a 19.949 (+57%); quindi Paesi Bassi (1:21), sesti nella classifica delle nuove immatricolazioni con 17.349 unità vendute, e Finlandia (1:22). A fondo classifica si trovano Polonia (1:421) e Grecia (1:363).
Per quanto riguarda invece le nuove immatricolazioni, al primo posto si conferma come già detto la Norvegia, seguita da Germania, con 50.245 nuove immatricolazioni, una quota sul mercato europeo del 18,4% e una crescita dei volumi del 36%; il Regno Unito con 44.883 nuove registrazioni (+21,8%), la Francia con 31.113 (+17%) e la Svezia, seguita al sesto posto dai Paesi Bassi, che supportano in modo significativo il mercato dell’auto elettrica con incentivi all’acquisto e agevolazioni fiscali.
L’Italia si posiziona al 9° posto per volumi di auto ECV vendute nei primi 9 mesi 2018 (7.208 unità), con una crescita tendenziale del 105% dopo Belgio (10.508 ECV) e Spagna (7.456 ECV); nonostante nel Belpaese le iniziative a sostegno dell’elettrico siano limitate ad alcune sparute realtà locali, si identificano anche in Italia alcuni incentivi per scegliere un auto ad alimentazione elettrica rispetto a quella tradizionale: a partire dai vantaggi economici legati ai consumi minori e un -20% in meno di premio garantito da alcune compagnie assicurative garantiscono, nonché l’esenzione del pagamento della tassa di circolazione per 5 anni, le auto elettriche hanno anche il diritto ad un accesso senza limiti alle zone a traffico limitato, e parcheggio gratuito sulle strisce blu, senza contare i benefici per l’ambiente tra la riduzione dell’inquinamento acustico e l’azzeramento delle emissioni di CO2 allo scarico.
Ma se l’elettrico continua a crescere, il diesel al contrario registra un calo tendenziale del 17%, con una perdita di 903 mila unità e una quota di mercato del 36% (era del 44% solo un anno fa): i mercati delle auto diesel che registrano le perdite in volumi più consistenti sono UK, Germania, Francia, Italia (dove la flessione del mercato si attesta al 9%), Spagna, Belgio e Svezia, in cui il calo del mercato diesel rappresenta l’87% del calo complessivo registrato a gennaio-settembre 2018. Il mercato del diesel cresce, invece, nei primi 9 mesi dell’anno, solamente in Bulgaria, Estonia e Romania.
Tuttavia, oltre all’aumento dell’elettrico, va sottolineata anche una crescita delle alimentazioni a benzina del 16% (961 mila unità in più rispetto al volume delle vendite di gennaio-settembre 2017), che conquistano il 56% del mercato; tale crescita, inoltre, risulta maggiore anche rispetto alle alimentazioni alternative, che si ricorda si fermano a circa 918 mila: l’opzione delle auto ad alimentazione alternativa, dunque, non conquista tutti i potenziali consumatori, e le vendite di ECV sono cresciute in linea con la crescita complessiva delle vendite di auto, mantenendo una quota di mercato pressoché stabile, in crescita di appena 0,9 punti. A tale ritmo, la quota di mercato ECV diventerebbe del 3,9% entro il 2025 e del 5,4% entro il 2030.
ACEA, principale sostenitore dello studio, ha individuato, tra le criticità al diffondersi di queste nuove soluzioni di mobilità, una serie di barriere strutturali (mancanza di infrastrutture, accessibilità, autonomia, ecc.), nonché difficoltà economiche: ci sarebbe infatti una correlazione tra la scelta di acquisto di un veicolo ECV e il PIL pro capite. Tra i 28 Stati membri UE, la quota di ECV è vicina allo 0% nei paesi con un PIL inferiore a € 18.000 pro-capite (ad es. Europa centrale e orientale, ma anche la Grecia), mentre la loro quota di mercato è superiore all’1,8% solo nei paesi dell’Europa occidentale con un PIL pro-capite maggiore di € 35.000: il prezzo di acquisto, quindi, oltre all’assenza di infrastrutture, continua a rappresentare il principale ostacolo all’adozione diffusa di propulsori elettrici.
E tuttavia, un altro forte fattore di freno allo sviluppo della mobilità sostenibile potrebbero essere forse anche i mutamenti nella normativa vigente, che paradossalmente dovrebbe avvantaggiarla: i produttori non hanno il tempo sufficiente per attuare gli indispensabili cicli di sviluppo e produttivi, e questa promozione di una transizione troppo rapida verso una mobilità ad impatto zero non tiene in alcun conto il principio di neutralità tecnologica, e degli impatti che potrebbe avere sull’industria (costretta ad una radicale quanto impossibile trasformazione a tempo di record) e sul mercato dell’occupazione in tutta la filiera delle automotive.