RC auto: ipotesi di limitazioni pattizie e normative alla libera circolazione del credito. Intervento dell’Avv. Bordoni del Foro Bologna al convegno tenutosi a Roma in data 25 giugno. “Attualmente ,da una ricerca che ho svolto, risultano tre gli inserimenti di divieti pattizi all’interno del regolamento contrattuale da parte delle compagnie assicurative. Due (mi riferisco al prodotto “Zurigò” della compagnia assicuratrice Zurigo Ass.ni ed al prodotto “Bonus Malus” della compagnia Allianz S.p.A.) sono molto diretti, del tipo: “si conviene, ai sensi dell’art. 1260 secondo comma che il credito relativo all’RCA è incedibile senza il consenso dell’assicuratore”. Gli assicuratori, ad oggi, non hanno avuto gran fortuna: la Zurich addirittura è stata sanzionata per vessatorietà della clausola da una sentenza del Giudice di Pace di Torino la 15 luglio 2012 n. 6288, estensore Polotti di Zumaglia. Forse proprio facendo tesoro di questo precedente giurisprudenziale, la Vittoria Assicurazioni (è questo il terzo assicuratore interessato) ha deciso di seguire una strada diversa, ed ha sottoposto la clausola, ai sensi dell’art. 37bis del Codice del Consumo, all’Autorità Garante per la Concorrenza e del Mercato, al fine di ottenerne un consenso preventivo ed una declaratoria preventiva di non vessatorietà. Il Garante è stato più benevolo nei confronti dell’assicuratore rispetto al Giudice di Prossimità, e così Vittoria ha ottenuto un provvedimento (per l’esattezza 15 marzo 2012, n. 24268) con cui l’AGCOM ha dichiarato la clausola non vessatoria. Non ho la possibilità di addentrarmi approfonditamente in questa sede sulle motivazioni della pronuncia del tutto suggestiva e atecnica (peraltro già
impugnata al TAR da alcune associazioni professionali di riparatori): mi limiterò a censurare in uno dei suoi passaggi, ovvero uno dei presupposti logici da cui parte l’AGCOM. L’autorità afferma che la limitazione contemplata dalla clausola oggetto di interpello opera solo laddove l’assicurato danneggiato rivolga la richiesta di risarcimento al proprio assicuratore fermo restando la possibilità di richiedere alternativamente il risarcimento al soggetto civilmente responsabile. Questa affermazione è totalmente slegata dalla prassi corrente, nel senso che la convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto, che nel bene e soprattutto nel male tanto interessa il Prof. Gallone, prevede espressamente che le compagnie si impegnano fra loro e in ogni caso a rendere obbligatoria convenzionalmente la
prassi dell’indennizzo diretto, vietando alla compagnia del responsabile (pena severe sanzioni) di gestire il sinistro. Il diritto di cui parla l’AGCOM, quindi, è, nei fatti, svuotato di ogni consistenza reale. Tale circostanza ha ripercussioni a cascata che viziano, a mio avviso, l’intera motivazione. Ritornando alle limitazioni pattizie che sono state immaginate, esiste un gruppo di studio presso ANIA che sta proponendo alle associazioni di riparatori un progetto di convenzionamento delle carrozzerie avente per attori proprio le associazioni artigiane. E’ chiaro che all’interno di questo progetto e nel suo ambito, la prima delle preoccupazioni dell’assicuratore è quella di far sì che il consumatore che intende avvalersi della convenzione rinunci alla cessione del credito a terzi, usando una la semplice delega di pagamento dell’autoriparatore, e chiedo scusa se le formulazioni che leggete sono espresse in italiano approssimativo, ma ho voluto conservare il testo originale dell’elaborato ANIA, anche per non far perdere niente della sua fragranza all’ascoltatore. In conclusione di questa veloce ricognizione relativa ai tentativi di inserire delle limitazioni pattizie, la mia personale opinione è queste limitazioni siano in realtà un vicolo cieco in considerazione del fatto che da un lato l’art. 1260 secondo comma c.c. prevede che il patto non è opponibile al cessionario (e sarà poi cura dell’assicuratore dimostrare che il cessionario era a conoscenza dell’esistenza di questa clausola). Ma vi è una seconda considerazione che mi pare conclusiva, suggerita dall’Avv. Maurizio Perrini di Torino, qui presente in sala e che saluto. La Corte di Cassazione con un’ordinanza del 2012, la 5.928, ha affermato che l’azione diretta di cui all’art. 149 CdA non ha un’origine contrattuale. Il tema su cui la Corte
di Cassazione si intratteneva era quello relativo alla possibilità del danneggiato di esperire l’azione nel foro del consumatore, possibilità che in questo senso la Cassazione nega. Ma ciò che ci interessa è che la Suprema Corte, nel negare questa facoltà, afferma che la posizione del danneggiato non cessa di essere originata dall’illecito e di trovare giustificazioni in esso, assumendo la posizione contrattuale del medesimo, verso la propria assicurazione, soltanto la funzione di sostituire l’assicurazione del danneggiato a quella del responsabile nel rispondere della pretesa risarcitoria. Non si capisce, se questo è vero, su che base l’assicuratore possa opporre al danneggiato delle eccezioni derivanti dal contratto. Quindi secondo me la limitazione pattizia risulta essere problematica, ed è forse proprio per questo che siamo a conoscenza di una serie di iniziative volte a limitare o almeno ad invocare dal legislatore un intervento per annoverare questo tipo di crediti tra quelli non cedibili. In particolare il 30 giugno 2011, il Forum Ania-Consumatori, che è un gruppo di studio che raccoglie alcune associazioni di consumatori e l’ANIA, ha prodotto un comunicato stampa che, al terzo punto, prevede di vietare il “mercato dei sinistri” (così viene chiamato!) intervenendo con strumenti legislativi per vietare la cessione di credito relativamente al danno RCA. Ultima notizia il 29 aprile 2013 è stata depositata da Gennaro Migliore, gruppo SEL una proposta di legge che impegna il governo ad adottare una iniziativa volta ad introdurre il divieto di cessione di credito assicurativo.
Nel frattempo le assicurazioni stanno seguendo una strada alternativa che è quella dell’obbligo della “reintegrazione in forma specifica” (anche qui: usando il loro a mio avviso improprio linguaggio dal momento che qui non si sta parlando di reintegrazione in forma specifica o per equivalente, ma si sta parlando sempre di reintegrazione in forma specifica, ma a scelta del danneggiato oppure dell’assicuratore…, ma insomma bene l’importante è intenderci). Le proposte e i passi che vedete elencati che sono ben tre nel giro di pochi mesi sono tutti volti al vincolo del povero automobilista responsabile, il quale dovrebbe comunque essere costretto a riparare il mezzo non dove desidera o da un artigiano di fiducia ma presso un fiduciario della compagnia. Le formulazioni sono varie, come potete vedere, ma, insomma, diciamo che non è questo esattamente il tema di cui intendiamo occuparci in questa sede ma ci offre un quadro complessivo di tentativi sempre più pervasivi da parte degli assicuratori e di taluni soggetti corifei di creare un apparato normativo volto a soffocare il fenomeno dell’autoriparazione indipendente. Ma è tutta colpa del riparatore? Mah, in realtà, soprattutto il provvedimento dell’Antitrust che noi abbiamo visto nella prima parte, ci lascerebbe alcune perplessità in merito, nel senso che l’Antitrust argomenta, dando quasi per scontato che, lì dove il riparatore interviene a fare la riparazione e poi dopo rileva il credito, esistono fenomeni speculativi. Come questo possa poi avvenire nella pratica, e se questo avvenga nella pratica non è tanto chiaro, anche perché con il provvedimento dello scorso dicembre i giorni per l’ispezione del veicolo sono stati portati da due a cinque, con ulteriore modifica dell’art. 148 del Codice delle Assicurazioni, che era già stato peraltro precedentemente pesantemente rimaneggiato nel marzo 2012 al fine di vincolare al controllo peritale il mezzo prima dell’intervento riparativo, motivo per il quale non si capisce se l’interesse del riparatore debba a questo punto essere quello di aggravare la valutazione del sinistro (aggravamento che poi essendo il sinistro soggetto ad uno scrupoloso controllo peritale si ritorce necessariamente in un insuccesso giudiziale), oppure viceversa nell’essere particolarmente scrupoloso, dal momento che poi le somme di cui si sta parlando, oggetto della fattura, diventano un proprio credito da difendere nei confronti di un debitore ceduto particolarmente agguerrito.Per quanto riguarda la nostra esperienza come ANEIS possiamo dire che su alcuni specificati punti, come ad esempio quello del costo orario, abbiamo raccolto alcune sentenze dei Giudici di merito e, contrariamente a quanto pare assumere l’assicuratore ed anche il Garante della Privacy (che dà quasi per scontato il comportamento speculatorio da parte dell’autoriparatore) abbiamo potuto constatare che nella maggioranza dei casi i Giudici di Pace hanno riscontrato la legittimità della quantificazione del riparatore stesso e quindi forse il problema (dal punto di vista assicurativo) è proprio questo.
Lo scenario, e vengo così alla conclusione, in cui noi ci muoviamo è quello per cui esistono due mercati che si pongono in rapporto di contiguità verticale nel senso che l’entrata in vigore dell’indennizzo diretto, ha posto l’assicuratore in una posizione della “catena alimentare” immediatamente a monte di quella dell’autoriparatore e l’assicuratore ha di fatto acquisito la possibilità di aprire e chiudere il rubinetto, condizionando quindi ed intervenendo anche pesantemente nel mercato dell’autoriparazione. Tutto questo è stato esaminato seppure con modalità e con caratteristiche diverse dalla Corte Europea di Giustizia, la quale (e cerco così di venire a una celere conclusione), argomenta anche approfonditamente e stabilisce che “se è vero che le istituzioni di un simile collegamento tra due attività in via di principi dipendenti, autoriparazione ed assicurazione, non significa automaticamente che l’accordo in questione abbia per oggetto una restrizione della concorrenza, ciò non toglie che essa può costituire un elemento importante per valutare se tale accordo sia per sua natura dannosa a un buon funzionamento del gioco normale della concorrenza. Ciò che si verifica in particolare è quando l’indipendenza delle suddette autorità sia necessaria per tale funzionamento.” Inoltre occorre tener conto del fatto che “un simile accordo è idoneo ad incidere non su un solo mercato, ma bensì su due, nella fattispecie quello delle assicurazioni del ramo automobilistico e quello dei servizi di riparazione dei veicoli, e che il suo oggetto deve dunque essere valutato in apporto ai due mercati interessati. A questo proposito occorre anzitutto sottolineare che contrariamente a quanto Allianz e Generali [nel caso, gli assicuratori] sembrano ritenere, il fatto che in entrambi i casi si tratti di relazioni verticali non esclude minimamente la possibilità che l’accordo in questione nel procedimento principale costituisca una restrizione della concorrenza per oggetto, infatti se pur vero che gli accordi verticali spesso sono per loro natura meno dannosi per la concorrenza degli accordi orizzontali, anch’essi possono avere un potenziale restrittivo particolarmente elevato.” Il senso del mio contributo è stato quindi, modestamente, inquadrare “politicamente” il problema e diciamo anche “economicamente”. Intendo che qui noi come cittadini, il legislatore e la magistratura (nella misura in cui l’ANIA si limiterà all’ipotesi pattizia che avevamo precedentemente esaminato), dobbiamo decidere se consegnare alla finanza assicurativa un settore ed un comparto, quello della riparazione automobilistica, che fino all’entrata in vigore dell’indennizzo diretto aveva mantenuto una propria totale autonomia. L’opportunità o meno di operare questo corto circuito cioè di consegnare le chiavi delle carrozzerie agli assicuratori, è una decisione di politica economica, sulla quale non esistono ovviamente verità inconfutabili. Tutto ciò che possiamo fare è, da un lato, esprimere dei dubbi che l’art. 101 del Trattato Fondativo dell’Unione, relativo alla concorrenza, consenta una simile operazione. E dall’altro tenere bene in mente le caratteristiche del mercato assicurativo italiano, che sono quelle che potete vedere evidenziate in questa slide: ovvero l’80% del mercato è concentrato nelle mani dei sei maggiori attori e ben il 35% nelle mani del primo. Ecco, se un contesto simile possa assicurare una condizione di competizione migliore di quella che invece viene prodotta da 15.000 autoriparatori, i quali sono continuamente in reciproca competizione per aggiudicarsi il loro cliente, lascio a voi decidere.”