Sergio Marchionne, amministratore delegato della neonata FCA, ha le idee ben chiare per il futuro. L’obiettivo della casa automobilistica, annunciato agli analisti, è quello di raggiungere quota 7 milioni di auto vendute nel 2018: rispetto all’esercizio in corso. La strategia di Marchionne passa per una serie di joint-venture con alcune delle case automobilistiche orientali: si parla di una collaborazione fra Mitsubishi e Chrysler, quest’ultima venderà in Messico le auto prodotte in Thailandia dalla società di Tokyo. Mitsubishi non è la sola che potrebbe concorrere al raggiungimento degli obiettivi posti da Marchionne: anche Suzuki ha preferito instaurare rapporti con FCA alla conclusione degli accordi con Volkswagen per la fornitura dei motori; così come sembra essere giunto al termine il rapporto tra Ford e Mazda. Proprio quest’ultima, molto attiva nelle aree dell’estremo oriente come l’India, potrebbe rilevarsi la chiave di volta per la strategia dell’amministratore di Chieti. I rischi delle operazioni sono connessi ai 10 miliardi di debito che gravano sulla società e alla possibilità che si ripeta il precedente fallimento della joint-venture con Tata, che si era impegnata a collaborare con Chrysler per il mercato dell’America centrale, salvo poi preferire rafforzare i rapporti con la Ferrari di Montezemolo. Negli ultimi anni i piani industriali della ex casa di Torino sembrano delinearsi in maniera nitida: cercare di spostare la produzione di massa in altre aree del globo, grazie proprio a queste collaborazioni, e lasciare in Italia la produzione di qualità: da Maserati ad Alfa Romeo. Marchionne ha assunto le redini della FIAT nel 2005 e già dall’anno successivo si sono potuti osservare i risultati: gli utili, infatti, sono passati da 1.200 a 2.300 milioni di euro. Andando ad analizzare il conto economico si possono però evincere come i risultati siano stati influenzati prettamente da un’abile gestione delle partecipazioni più che da un aumento della produzione e vendita di autovetture. Questa sembra essere la linea guida seguita dell’AD che, durante i nove anni di gestione, ha permesso a FIAT di riposizionarsi sul mercato e di diventare una potenza globale nel mercato dell’automotive, grazie anche all’acquisizione di Chrysler e alla recente fusione nella FCA. Per ora, dal punto di vista della produzione e della vendita di automobili, i maggiori vantaggi sono spettati alla casa americana che ha incrementato le sue vendite sia in patria sia fuori: basti pensare alle vendite del marchio Jeep che hanno toccato livelli record per tre anni consecutivi. Insomma Marchionne sembra in grado di trasformare in oro tutto quello che tocca, ma l’obiettivo che si è posto sembra essere, allo stato attuale delle cose, eccessivamente ambizioso. C’è da fidarsi di un manager che è riuscito a far sopravvivere un’azienda che ormai sembrava essere mantenuta in vita solo per ragioni politiche, ma allo stesso tempo sarà necessario prestare attenzione a quanto succede in casa nostra, dove allo sciopero degli operai di Maserati hanno fatto seguito polemiche fra lo stesso AD e i sindacati che lo accusano di non rispettare i lavoratori che hanno contribuito alla riorganizzazione del gruppo e che al tempo stesso sentono sempre più lontane le redini di una società ormai proiettata verso una gestione di stampo anglosassone orientata al mercato globale.