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Dopo Confindustria, Fiat abbandona anche l’Anfia
Le decisioni di Sergio Marchionne stanno scatenando un vero terremoto nell’industria auto italiana. L’Amministratore Delegato del Lingotto, dopo Confindustria, ha infatti abbandonato anche l’Anfia, l’Associazione di categoria della filiera nazionale auto aderente proprio all’unione degli industriali. Un duro colpo per l’Anfia considerando che, in tutte le sue componenti, Fiat rappresentava il 63% circa delle sue quote associative. All’Anfia rimarranno ora soltanto aziende medio-piccole, con pochissime eccezioni tra le quali Pirelli (e anche Brembo e Sogefi) che dal prossimo anno sarà dunque la società principale associata all’Anfia. Ha così sorpreso fino ad un certo punto l’annuncio di dimissioni da parte del Presidente Eugenio Razelli (numero uno anche di Magneti Marelli), fatto praticamente in diretta nel corso dell’Assemblea Pubblica annuale di ieri, non appena saputo dell’uscita di Fiat dall’Associazione. “Per statuti e regolamenti – ha spiegato Razelli – non c’erano alternative a questa scelta. Ora però non bisogna drammatizzare. Ci siederemo attorno a un tavolo e valuteremo le reali alternative. In Anfia rimane comunque un pezzo di filiera importante di componentistica e di altri settori”.In quello che è stato il suo ultimo intervento da responsabile dell’Anfia, Razelli ha ricordato l’importanza del tessuto industriale per garantire lo sviluppo economico e sociale anche in tempi di crisi. “La filiera automotive italiana, intesa come soggetto industriale e come attore del sistema mobilità, contribuisce in modo determinante allo sviluppo economico nazionale ed europeo. In Italia il nostro comparto è uno dei principali creatori di ricchezza e datori di lavoro, con oltre 1,2 milioni di addetti diretti e indiretti, e fornisce il più importante contributo alle entrate fiscali dello Stato con quasi 68 miliardi di Euro versati nel 2010, in crescita dell’1,2% sul 2009, pari al 16,6% del gettito fiscale nazionale e al 4,4% del Pil, ben oltre la media europea”. Razelli ha poi sottolineato come, nell’ambito di un mercati Italia in difficoltà (vendite in calo dell’11,3% nei primi nove mesi), la quota delle vetture ad alimentazione alternativa sia scesa dal picco del 21,5% del 2009 ad appena il 5% attuale. Calano anche le vendite ai privati, crescono quelle delle vetture intestate a società e noleggio. “Se la tendenza negativa della raccolta ordini proseguirà – ha aggiunto Razelli – l’apertura del 2012 si preannuncia critica per il mercato e molto probabilmente l’anno si chiuderà con volumi ancora più bassi rispetto al 2011, per il quale si ipotizzano 1,74 milioni di esemplari che riportano il settore indietro fino al periodo 1993-1996”. Secondo Razelli, il mercato italiano si deprimerà ulteriormente a causa dei costi folli dei carburanti, dell’aumento dell’Iva al 21% e di altri interventi di inasprimento del prelievo fiscale a danno degli automobilisti. L’Anfia chiede al Governo l’abolizione dell’Ipt, di rimodulare le tasse di circolazione e le polizze assicurative in base al principio “chi inquina paga”, un credito d’imposta strutturale per la ricerca e la defiscalizzazione degli utili reinvestiti per l’acquisto di veicoli innovativi. “A livello mondiale – ha concluso Razelli – i driver competitivi determinanti per il futuro della filiera sono tre. La crescita dei mercati emergenti con l’affacciarsi di una nuova generazione di consumatori, più giovani e figli della generazione Internet, il consolidamento dei player in un’ottica di crescente globalizzazione e di potenziamenti degli investimenti in ricerca e sviluppo e le sfide ecologico-normative in vista di uno sviluppo sostenibile”. Proprio la spinta dei Paesi emergenti e la prevista ripresa del Giappone dovrebbero consentire all’industria auto mondiale di assorbire 83,1 milioni di veicoli il prossimo anno, il 3,8% in più rispetto alle ultime stime relative al 2011. “La decisione di uscire dall’Anfia – ha invece spiegato Marchionne (he dal 1° gennaio 2012 assumerà la guida dell’Acea) – è stata valutata con grande serietà e non ha nulla a che vedere con ragioni politiche”. Per quanto riguarda la situazione dell’industria auto mondiale, Marchionne, citando uno dei suoi artisti preferiti, Bruce Springsteen, ha chiosato: “Siamo a metà strada del paradiso, ma soltanto ad un miglio dall’inferno”. In sostanza, la direzione intrapresa è quella giusta, ma non si è ancora abbastanza lontani dal baratro. E se l’America sta ormai risolvendo i problemi dopo la drammatica crisi del 2009, in Europa nulla è cambiato da allora. Marchionne ha inoltre ribadito l’impegno Fiat ad investire in Italia, senza però svelare nuovi dettagli e provocando così l’ennesima reazione sdegnata della Fiom. Dopo un incontro tra lo stesso Marchionne e i sindacati (dal quale sono state escluse Cgil e Fiom, le sigle non firmatarie dell’accordo per Fabbrica Italia), è emerso che Fiat investirà nell’impianto di Melfi per rilanciare il segmento B con la nuova Punto e anche nella fabbrica di Cassino con Alfa Romeo Giulietta, Lancia Delta e un altro modello a rimpiazzare la Fiat Bravo. Il manager italo-canadese si è infine soffermato sull’utilità dell’alimentazione elettrica, giudicandola promettente, ma nel lungo periodo. “È una strada da non abbandonare, tutt’altro, ma oggi indirizzare tutto lo sforzo normativo nel promuovere questo tipo di trazione porterebbe solo ad un aumento dei costi, senza benefici immediati e concreti. Sarebbe più saggio, al momento, concentrare l’impegno per promuovere l’auto sostenibile sui miglioramenti dei motori tradizionali e su carburanti alternativi, il metano soprattutto”.
Giulietta al traguardo delle 100 mila unità
Aci: in Italia 3,5 milioni di auto senza assicurazione
In Italia circolano 3,5 milioni di auto senza assicurazione, quindi 7 veicoli su 10. Proliferano sempre di più il mercato delle polizze false e compagnie fantasma, nonché società prive di titoli a stipulare polizze RC-Auto. È quanto emerso dal 4° Forum Internazionale delle Polizie Locali in svolgimento a Riva del Garda. “Le infrazioni rilevate dalle Polizie Locali e dalle altre Forze dell’Ordine per mancanza di copertura RC-Auto sono 100 mila nell’ultimo anno – ha commentato il Presidente dell’Aci, Enrico Gelpi – e le frodi in questo settore rappresentano il 3% del totale delle frodi assicurative accertate. In GB sono il quadruplo e in Francia il doppio, non perché lì ci sia più propensione all’illecito, ma perché trovano conveniente svolgere un’adeguata attività di controllo sui sinistri”. Secondo Gelpi, è necessario superare la logica passiva basata sui controlli a posteriori, adottando un sistema attivo che rilevi le irregolarità prima della messa su strada dei veicoli. “L’Aci – ha aggiunto Gelpi – auspica che nel testo antifrodi in discussione al Senato siano inserite misure idonee come l’obbligo di comunicazione della copertura RC-Auto per il rilascio e l’aggiornamento dei documenti di proprietà e di circolazione delle vetture. Questo consentirebbe una maggiore sicurezza sulle strade e notevoli risparmi agli automobilisti italiani che già pagano 16,9 miliardi di Euro la polizza RC-Auto”. Carenze strutturali e formative presso i Comandi impediscono alle Polizie Locali di combattere più efficacemente il fenomeno delle polizze false, tanto che il Comando di Milano (il più attivo su questo fronte) ne ha individuate appena 160 in un anno. Come si evince dallo studio “Il falso documentale negli illeciti stradali” della Fondazione Aci Filippo Caracciolo, l’attività delle Polizie Locali riscuote maggiore successo verso altre tipologie di contraffazioni. Vengono infatti accertati il 48% dei reati di falsità per la patente, il 22% per i permessi agli invalidi e il 21% per le assicurazioni. Tassi decisamente minori, invece, per le carte di circolazione, per i permessi di accesso ai centri urbani e per le targhe.
Rc Auto, serve un’indagine conoscitiva
L’opposizione chiede al governo accertamenti sull’operato delle compagnie assicurative. Lulli (Pd): “Liberalizzare il settore”. Liberalizzare il mercato delle assicurazioni e condurre un’indagine conoscitiva per mettere fine a “una situazione a dir poco vergognosa” è quello che chiede Andrea Lulli, capogruppo Pd in commissione Attività produttive della Camera. Tra le questioni sul piatto anche l’analisi del meccanismo di indennizzo diretto che doveva servire a far ridurre i premi e che invece non ha funzionato, facendo invece schizzare alle stelle i costi delle polizze. “Siamo inondati da lamentele per premi diventati costosissimi, ma il quadro completo ci sarà solo tra qualche mese, quando chiuderemo l’indagine“.E prosegue: “Di fatto il sistema così come è oggi favorisce i disonesti e colpisce gli onesti. Se da parte delle compagnie viene meno l’assunzione del rischio di impresa, viene meno anche un principio di libera e leale concorrenza; per questo ci chiediamo se l’Antitrust non possa iniziare un’indagine conoscitiva. Questo stato delle cose dimostra quanto sia necessaria la liberalizzazione del settore; è inaccettabile che sui cittadini onesti vengano scaricati i comportamenti truffaldini“. Dall’Antitrust fanno sapere che questi aspetti saranno sicuramente analizzati nell’indagine conoscitiva già avviata a maggio del 2010 con l’obiettivo di fotografare il quadro generale del mercato delle assicurazioni. “Già i primi dati raccolti sono quelli pubblicati sulle vostre pagine – dicono dall’Autorità – tra i fenomeni osservati ci sarà sicuramente il fenomeno dell’abbandono dovuto a premi così esorbitanti da costringere molti clienti a doversi rivolgere a un’altra compagnia“.