Articolo di Donatella Porrini
I premi della Rc auto in Italia continuano a essere eccessivamente alti. Le compagnie sostengono che la colpa è dei guidatori troppo imprudenti e delle frodi. In realtà, la pericolosità di neopatentati e automobilisti di alcune aree del paese è ancora tutta da dimostrare. Quanto alle frodi, sono a livelli molto bassi. E allora servono interventi per promuovere una sana concorrenza in un settore pressoché stabile, in cui la maggior parte delle agenzie sono ancora monomandatarie e le poche società straniere non offrono polizze con premi secondo la media europea. Da anni si parla del problema dei premi assicurativi troppo alti, ma la cronaca fornisce chiari segnali che nel mercato Rc auto i prezzi hanno addirittura raggiunto livelli insostenibili per i guidatori.
QUELLE AUTO SENZA ASSICURAZIONE
Se ne è accorta l’Isvap, l’Autorità di vigilanza del mercato, che recentemente ha emesso un provvedimento contro alcune imprese assicuratrici che chiedevano premi annuali fino a 8.500 euro. (2) Queste imprese sono state sanzionate non per la loro eccessiva “avidità”, ma per l’elusione dell’obbligo a contrarre, cioè per il fatto che quei prezzi di fatto significano che si vogliono spingere verso altre compagnie clienti troppo rischiosi, in particolare neopatentati e residenti nel Sud Italia.
Ma il fenomeno dei premi eccessivi va collegato con un’altra notizia di questi giorni: il progressivo aumento di autovetture non assicurate.
Il collegamento si trova nella teoria economica: perfino l’unica impresa operante in un mercato monopolistico deve fare i conti con la domanda di mercato e non può fissare il prezzo al di sopra di quello massimo che i consumatori sono disposti a pagare. A maggior ragione questo avviene in un mercato come quello assicurativo con caratteristiche di oligopolio. E non può essere portata come giustificazione l’eccessiva rischiosità di alcune categorie, vera o presunta come sottolinea la protesta dei guidatori napoletani, poiché in quello assicurativo risulta efficace la pratica dei sussidi incrociati che consente di coprire anche i rischi più elevati.
Dunque la fissazione di premi troppo alti, insieme alla obbligatorietà della copertura assicurativa e alla necessarietà dell’automobile come mezzo di trasporto, spinge alcuni individui a non assicurarsi creando situazioni di illegalità, sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta. Dal lato della domanda, si registra il fenomeno della “evasione assicurativa”, attraverso la falsificazione dei contrassegni, come risulta dall’aumento del numero dei sinistri gestiti dal Fondo vittime della strada. Dal lato dell’offerta, il fenomeno delle “compagnie fantasma”, cioè imprese che operano sul territorio nazionale senza autorizzazione, raggirando i cittadini che finiscono per ritrovarsi non coperti nel momento in cui si verificano i sinistri.
È evidente come il fenomeno dell’incremento dei premi abbia gravi conseguenze e non solo quella di aumentare il peso di una voce importante nel paniere dei nostri consumi. Tanto che il Senato ha recentemente svolto un’indagine conoscitiva dalla quale emerge la richiesta delle compagnie di assicurazione di interventi che contrastino il fenomeno delle frodi e incrementino la sicurezza stradale. (3) Il maxi emendamento proposto alla Bce contiene un intervento per arginare il fenomeno delle polizze fantasma, concedendo alla polizia di incrociare le banche dati delle assicurazioni con i veicoli circolanti.
UN SISTEMA TROPPO STABILE
Da queste proposte appare evidente che si pensa solamente a interventi dal lato della domanda, secondo il convincimento che alti livelli dei premi deriverebbero da comportamenti imprudenti e fraudolenti degli assicurati, che per di più diventano evasori anche in campo assicurativo. Non sarebbero quindi necessari interventi dal lato dell’offerta, ma la realtà è ben diversa.
Prima di tutto esiste la questione della presenza delle frodi, principale giustificazione delle compagnie per l’aumento dei premi. Ebbene, secondo la banca dati costituita dall’Isvap, la media nazionale sarebbe molto bassa (attorno al 2-3 per cento dei risarcimenti) e non lontana dalla media europea. Esiste però un’anomalia: l’Italia è il paese in Europa che presenta la maggior quota di lesioni personali sul totale delle richieste di risarcimento. Probabilmente questo deriva da difetti nel sistema di risarcimento dei danni che lasciano spazio a fenomeni fraudolenti non registrati dalle compagnie. In attesa dei risultati dell’indagine conoscitiva dell’Antitrust sul sistema del risarcimento diretto, le compagnie continuano a proporre di accentuare i controlli “pubblici” delle frodi. Si dovrebbe invece intervenire per imporre alle imprese di affrontare la questione attraverso un ammodernamento dei processi di liquidazione dei sinistri in modo da ottenere una riduzione “in house” delle frodi, nonché la raccolta di dati particolareggiati sul fenomeno per poter prevedere soluzioni anche a livello generale. Un’altra questione è quella relativa all’aspetto distributivo. Non sono stati sufficienti gli effetti derivanti da provvedimenti quali l’introduzione delle agenzie plurimandatarie del decreto Bersani; né quelli che hanno favorito la diffusione del canale distributivo on-line; né l’implementazione del tanto pubblicizzato “preventivatore” dell’Isvap: l’Italia rimane un paese in cui il numero delle imprese operanti è pressoché stabile, in cui la maggior parte delle agenzie sono ancora monomandatarie e in cui le (poche) compagnie straniere non offrono polizze che prevedano premi secondo la media europea, che è di 230 euro contro i 407 dell’Italia secondo dati del Comité Européen des Assurances riferiti al 2008. Sono dunque necessari interventi che impongano alle imprese di farsi una sana concorrenza che porti il livello dei premi italiani ad abbassarsi. Come già segnalato dall’Antitrust, si potrebbe cominciare con introdurre dei limiti alla cosiddetta interlocking directorship annullando la possibilità che legami troppo stretti tra chi siede nei consigli di amministrazione portino le compagnie ad adottare strategie commerciali comuni. Insomma, anche qui, devono essere fatte quelle riforme liberali di cui hanno bisogno tanti altri mercati nel nostro paese.