Di seguito pubblichiamo l’autorevole parere dell’Avv. Marco Bordoni del foro di Bologna, noto ed esperto professionista delle questioni riconducibili alla Rc-Auto e in generale alle compagnie assicuratrici. “Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che la clausola Nuova Prima Global (del circuito “Presto e Bene”) non è vessatoria. Cosa deve fare l’ artigiano indipendente e la vittima della strada? Prima cosa: tenere a mente che, se ci si muove bene, tale precedente si applica solo alle garanzie dirette, non alla R.C. auto.”
Clausole vessatorie e autoriparazione: la novità. Con sentenza 15 maggio 2018 n. 11.757 la Corte di Cassazione ha respinto la domanda di una carrozzeria indipendente torinese che aveva richiesto ad Unipolsai il pagamento dell’ intero importo fatturato, nonostante il cliente / cedente avesse stipulato una polizza “Nuova Prima Global” con obbligo di riparazione, in caso di sinistro, presso gli artigiani aderenti al circuito “Auto Presto e Bene”. Il ricorrente riteneva di aver diritto al pagamento integrale in quanto la clausola contrattuale relativa sarebbe stata “vessatoria” (e quindi nulla) per contrarietà sia al codice civile (art. 1342 comma 2) che al Codice del Consumo (art. 33 e 34) applicabile in quanto, nel caso di specie, il danneggiato era “consumatore”. La Suprema Corte ha respinto il ricorso e salvato “Presto e Bene” ritenendo che la previsione del contratto in questione non fosse vessatoria. Infatti (secondo la Corte) da un lato limiterebbe, non eliderebbe, la responsabilità dell’ assicuratore e, dall’ altro, non apporterebbe significativi squilibri fra le parti contraenti, limitandosi a riprodurre la normativa generale di cui all’ art. 2058 c.c. (secondo il quale il danneggiato può chiedere di essere risarcito con la “reintegrazione in forma specifica” ovvero non con il pagamento di una somma di danaro, ma con la sostituzione delle cosa danneggiata con una equivalente).
Il commento: non è detta l’ ultima parola. Sono lontani i tempi in cui si rischiava il rogo per aver messo in dubbio le sacre scritture: a maggior ragione è lecito criticare la pure autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, le cui pronunce non accampano alcuna autorità oltremondana. A ben guardare, infatti, la motivazione della Suprema Corte risulta poco convincente. Prima di tutto gli ermellini non tengono conto del fatto che la sanzione contrattuale prevista in caso il danneggiato decida di riparare presso l’ artigiano di fiducia è una franchigia assoluta (ovvero una pratica contrattuale che la Cassazione stessa ha ritenuto vessatoria: si veda Cass. Civ. 5.158/05). Secondo: l’ art. 2058 assegna al creditore, (non al debitore, come erroneamente afferma la corte sulla scorta del Tribunale di Torino) la scelta se ricorrere o meno alla reintegrazione in forma specifica. La Legge Concorrenza (art. 148, comma 11 bis) ha riconosciuto poi al danneggiato “la facoltà di ottenere l’integrale risarcimento per la riparazione a regola d’arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia abilitate”. Quindi non è vero, come affermato nella sentenza, che la cosiddetta “reintegrazione in forma specifica” inserita nel contratto Nuova Prima Global (più correttamente: reintegrazione per equivalente con scelta delle modalità a discrezione del debitore) sia una semplice riproduzione della normativa vigente. Non a caso la stessa IVASS, il 10 ottobre 2016, diffidava le compagnie dall’ inserire nei contratti clausole che possano “comprimere la libertà del consumatore/assicurato di cedere il suo credito, scegliendo il carrozziere di fiducia senza anticipare il costo della riparazione”. Terzo: l’ assicurato aveva richiesto che la questione venisse valutata anche alla luce della normativa anti trust comunitaria (la famosa pronuncia 14/3/13 resa nella causa C32/11 dalla Corte di Giustizia Europea): tale profilo di illegittimità avrebbe potuto essere dedotto, peraltro, anche come violazione di una norma interna (L. 10 ottobre 1990, n. 287) e comunque non è stato esaminato dalla Cassazione in quanto tardivamente proposto. Su questo punto, di fatto, la Suprema Corte non si è pronunciata. Per questi motivi riteniamo che la tematica in questione meriti di essere sottoposta nuovamente al vaglio della giurisprudenza di merito, che prima della sentenza in commento si era espressa ripetutamente in senso opposto, e che potrebbe mantenere un indirizzo difforme inducendo anche la Cassazione a rivedere la propria posizione, come spesso accade. Una buona occasione per sollecitare un ripensamento giurisprudenziale potrebbe essere la pratica contrattuale delle “doppie franchigie” applicata, ad esempio, dalla compagnia Genertel nelle garanzie dirette: sono questi i modelli contrattuali in cui l’ abusività della clausola risalta in maniera più stridente.
Cosa cambia per il riparatore? In attesa di una auspicata rimeditazione degli orientamenti, cerchiamo di identificare quali siano, per gli artigiani, le conseguenze pratiche di questa pronuncia. Iniziamo differenziando due tipologie di casi: la RCA (casi di “risarcimento diretto”) e le cosiddette “garanzie dirette”.
Partiamo dal risarcimento diretto: in quest’ ambito, usando qualche cautela, cambia ben poco. In questa cornice legale, infatti, il danneggiato ha due tipi di rapporti: quello (contrattuale) che intercorre con la propria compagnia assicuratrice e quello (non contrattuale) che lo oppone al responsabile del sinistro, tenuto a risarcire il danno. Secondo la Cassazione (ordinanza 5.928/12) la richiesta di risarcimento dei danneggiato non è mai contrattuale (anche se viene applicata la procedura cosiddetto di “risarcimento diretto”) e quindi la compagnia non potrebbe, in ogni caso, sollevare eccezioni basate sul contratto (come la “clausola di canalizzazione”). Tuttavia quando si presenta la richiesta risarcitoria alla propria compagnia sulla base dell’ art. 149 C.A.P. questo principio diviene più difficile da far valere data la sovrapposizione che si realizza fra la compagnia contraente e quella tenuta al risarcimento.
Sarà quindi buona regola, in questi casi, al fine di evitare pericolose confusioni, evitare sempre di interloquire con la compagnia “gestionaria” (quella che assicura il mezzo danneggiato) valendosi della facoltà (stabilita dalla Corte Costituzionale nella sentenza 180/09) di richiedere il risarcimento dei danni solamente al responsabile ed al suo assicuratore. Non importa se, poi, la compagnia del responsabile, sulla base di accordi interni fra istituti, risponderà, in prima battuta, invitando il danneggiato ad applicare il “risarcimento diretto”: tale risposta non deve scoraggiare. E’ importante invece insistere disapplicando la procedura di cui all’ art. 149 C.d.A.: in questo modo nessuno (né in fase transattiva né, eventualmente, in fase giudiziale) potrà mai eccepirci la presenza di franchigie, visto che la nostra richiesta non si basa sul contratto ma sul fatto illecito (l’ incidente che ha provocato il danno). In definiva: se la richiesta del danno viene gestita correttamente, il precedente in commento non avrà alcuna conseguenza sulla richiesta risarcitoria in responsabilità civile.
Diverso è il caso in cui ci si trovi in una cosiddetta garanzia diretta (es. tentativo di furto, atto vandalico, evento atmosferico…). In questi casi il precedente della Suprema Corte peserà e, salva la speranza di ottenere sentenze di senso contrario incardinando alcune cause pilota attentamente selezionate e concordate con il legale di fiducia, sarà necessario tenere conto del fatto che, allo stato, le clausole di canalizzazione vengono considerate legittime dalla Corte di Cassazione. Sarà utile, in questi casi, indirizzare una comunicazione formale (a mezzo pec o equivalenti) assegnando alla compagnia debitrice un congruo termine (di 5 – 10 giorni) e richiedendo l’ indicazione delle più prossime carrozzerie aderenti al circuito. Ovviamente la risposta tempestiva obbligherà il danneggiato a valersi di questi artigiani, ove la loro localizzazione non riuscisse troppo disagevole, ma il mancato riscontro lo lascerà libero di provvedere alle riparazioni presso l’ artigiano di fiducia, indebolendo così il pregio delle successive contestazioni dell’ assicuratore.